mercoledì 15 febbraio 2012

Il più ottimista dei pessimisti.

... Perché, a volte, ci sono momenti in cui si è talmente pessimisti e giù di morale che niente e nessuno possono aiutarci. In quei momenti, solo noi stessi possiamo fare la differenza.
Quindi cosa possiamo fare? Come possiamo gestire la tristezza?
Un tentativo di risposta voglio farlo. E questo tentativo è, appunto, diventare il più ottimista dei pessimisti.

Io sono triste di natura. Ho sempre bisogno di quel qualcosa in più senza il quale non sono felice, qualunque cosa sia.

Ora, analizziamo tutto.
Se ho bisogno di qualcosa per essere felice, e quel qualcosa lo ottengo, allora sono felice.
Se quel qualcosa, invece, non lo ottengo, allora non sono felice.
Al contrario, se avessi qualcosa che mi renderebbe felice, e questa cosa la perdessi, allora non sarei più felice.
Ma se quel qualcosa non lo avessi, allora non potrei perderlo e non dovrei subire la conseguente infelicità.

Ma il non avere quel qualcosa ti rende infelice, no? Certo! Ma il non avere quella cosa non mi vieta, un giorno, di ottenerla. E il fatto che non ci sia nessuno a vietarmelo, vuol dire che è nelle mie possibilità ottenerla. E, anche se non dovessi ottenerla, non potrei perderla.

In sostanza: se non abbiamo ciò che ci rende felici, allora siamo più determinati nel cercare di ottenerlo, perché non abbiamo niente da perdere.


In fondo, è un concetto banale, quello del non avere niente da perdere. È raro che io riesca a scrivere qualcosa di originale, vero?
Ma in quanti riescono ad applicare questo concetto? Sinceramente, io non l'ho mai fatto. Non prima di qualche giorno fa.

Ed ora mi sento meglio, perché anche se so che non ho ciò che mi rende felice, niente e nessuno mi vieta di ottenerlo. E questo, mi spinge a cercare di ottenerlo, solo per il fatto che non c'è nessuno a fermarmi. Ed in più, anche se non riuscissi ad ottenerlo, avrei la consolazione, più o meno magra, di non perderlo, non avendolo. Non è sensazionale?

venerdì 23 dicembre 2011

Uno sguardo al 2011

Sì, lo so, i post di questo tipo sono un po' lame come dicono gli inglesi. Ma avevo voglia di scriverlo, e quindi lo scrivo.
Devo dire che, per quanto mi riguarda, quest'anno è stato segnato da alcune novità, magari non tantissime, ma, senza dubbio, sono state, per me, nel bene o nel male, di grande valore.

Prima cosa: sono diventato zio per la seconda volta.
Avere un bambino che gira per casa può sembrare una scocciatura, ogni tanto, ma in fondo non lo è. Soprattutto quando questo bambino, ogni volta che ti guarda, ti sorride. E non importa quali siano i pensieri che si hanno per la testa: guardando il sorriso di quel bambino capisci che, in fondo, qualcosa per cui sorridere c'è sempre, per quanto irrazionale possa essere la cosa per cui si sorride. E quindi sorridiamo, così come sorriderebbe un bambino, anche senza motivo. Perché un giorno non sorrideremo più e rimpiangeremo i giorni in cui non abbiamo sorriso.

Il 2011, per quanto mi riguarda, è stato anche un anno di traguardi.
Da più di nove mesi sono traduttore per il sito di fan-subbing italiansubs.net. È stato un traguardo e lo è continuamente, ad ogni nuova traduzione; grazie all'onore concessomi di contruibuire alla traduzione delle serie che amo - perché è davvero un onore, per me, lavorare in questa fantastica community - ho dimostrato a me stesso di conoscere l'inglese ad un livello che non considero altissimo ma forse medio-alto. O forse è l'italiano medio che conosce male l'inglese, e non lo conosce affatto... Chissà... E ogni episodio tradotto è una sfida sempre diversa, con termini sempre nuovi, emozioni sempre nuove (anche se quelle dipendono più dall'episodio) e tutte quelle cose che, una persona che non è in quel mondo, non può capire quanto siano fantastiche. E poi le persone: ne ho conosciute alcune dal vivo, altre magari solo via chat, ma sono tutte persone fantastiche con cui condivido molte passioni. Far parte di ItaSA è divertente e stimolante grazie anche a queste persone.

Un altro traguardo di cui vado fiero è l'aver, finalmente, ricominciato a scrivere. Certo, molto a rilento, ma la mia opera sta prendendo forma. Non voglio rivelare troppo, soprattutto per scaramanzia, ma quello che voglio e posso dire è che si tratta di una potenziale serie in almeno 9 episodi di cui ne ho già scritti 3. Dirò inoltre che la serie si chiama RE, tutto maiuscolo. E dirò anche che scriverla è spesso difficile, ma spesso mi piace anche da matti.

Ma i traguardi e i trionfi non arrivano mai soli. I fallimenti sono sempre dietro l'angolo.
Per vari motivi che non voglio spiegare in questa sede, non sono riuscito a laurearmi come avevo previsto. Non è un grandissimo fallimento, si potrebbe pensare. Certo, non lo è. Se non siete me.
Ognuno di noi ha le proprie priorità. E tra le mie spicca lo studio. Il non essere riuscito a laurearmi mi ha un po' abbattuto. E questo abbattimento si fa sentire soprattutto quando vedi tante persone attorno a te, tuoi coetanei, che si laureano mentre tu "rimani indietro". Certo, questo non mi rende una persona meno meritevole o uno studente meno capace di loro. Almeno, credo. Ed è vero che non sto studiando Scienze delle Brioches, ma comunque il momento in cui ho compreso di non essere riuscito a terminare il triennio quest'anno, ovvero di non essere riuscito a raggiungere il mio traguardo, per me è stato difficile da superare.

Voglio comunque approfittare di questo spazio per fare le mie più sentite congratulazioni a tutti coloro che, in questi ultimi mesi, sono riusciti a laurearsi. Non farò nomi perché, sono certo, mi dimenticherò di qualcuno, quindi andrò avanti così, per non fare torti a nessuno. Comunque, cari amici Dottori aspettatemi: tra pochi mesi arriverò anche io!

Passiamo ora agli stati d'animo, e quindi, a me.
È stato un anno senz'altro meditativo, e l'avvicinarsi della fine mi ha fatto riflettere, oltre che a quest'anno, anche agli anni passati. E a tal proposito ho capito una cosa: chiedere perdono è facile; ammettere a sé stessi di aver sbagliato è difficile; capire che, comunque vada, rifaresti quell'errore è straordinariamente e magnificamente umano.
E quest'anno è stato anche all'insegna del motto #foreveralone. Perché a volte, nonostante siamo completamente circondati da persone care, non possiamo fare a meno di notare quanto soli siamo e come, in fondo, forse, ci sia poco da fare a proposito se non reagire in qualche modo. Non che sia semplice, ma forse reagire è davvero l'unica possibilità.
Passiamo ora all'ultima riflessione dell'anno. Ricollegandomi al punto precedente, io direi che ognuno di noi ha bisogno, nella propria vita, di almeno tre persone: un allenatore, un fan ed un compagno di squadra. Il primo che ti possa dire dove sbagli e che possa correggere il tuo stile di gioco, nonostante sia umano e quindi nonostante anche lui possa sbagliare; il secondo che ti faccia sentire bene per quello che fai, perché adora come giochi; il terzo, che ti stia vicino qualunque cosa accada e che condivida con te gioie e dolori della partita. Ma, al contrario, dobbiamo ricordarci che anche noi possiamo essere allenatori, fan e compagni di squadra di qualcun altro, e quindi, in questo modo, potremo anche noi contribuire alla felicità di qualcun altro. Non dimentichiamolo. Mai.

Voglio concludere questo post augurando a tutti coloro che lo leggeranno un Buon Natale - o comunque, Buona Festività, qualunque sia la vostra fede - ed un felice inizio di Anno Nuovo.

A presto!
Namaste.

giovedì 15 settembre 2011

Pensieri e parole... e di nuovo pensieri.

È un sacco di tempo che non scrivo. Non so nemmeno il perché, in realtà. O forse è stato un periodo piuttosto movimentato, pieno d'impegni. Ma forse non abbastanza pieno da giustificare il non scrivere nulla per sei mesi.

Tuttavia ho avuto un sacco di tempo per fare quella cosa che mi ero ripromesso di non fare più: pensare. Perché pensare, in fondo, fa male.
Pensi, immagini certe cose, speri che possano diventare realtà, poi non diventano realtà e ti ritrovi al punto di partenza. O meglio, non proprio: ti ritrovi mesi e mesi più avanti, senza aver fatto null'altro che pensare. E studiare, nel mio caso. Ma quella non è una novità, anzi, è ormai una consuetudine.

Ma non divaghiamo troppo. A cosa ho pensato? Più o meno allo stato delle cose, alla situazione attuale. E cosa posso dire? Forse che, spesso, mi sento parecchio solo. Normale, forse. Eppure, ogni singolo giorno, mi guardo in giro e vedo persone tutt'altro che sole.

Sia chiaro, non sto parlando di amici. Quelli, bene o male, ci sono. Ma - e lasciatemelo dire, senza rancore o invidia, è solo una constatazione dei fatti - quando sei quasi l'unico, nel gruppo di persone che frequenti ogni giorno, ad essere solo... Beh, non è bello. Ogni volta che vedi i tuoi amici con le loro dolci metà, non puoi fare altro che vedere quel luccichio nei loro occhi, un luccichio che tu non hai e che nessuna ha per te. E sei comunque felice per loro, sia chiaro. Ma non sei felice per te, perché ogni volta che vedi quel luccichio, ti ricordi che sei, in effetti, da solo. E, soprattutto quando sei quasi l'unico ad esserlo, ti chiedi: cos'ho di diverso da loro?

Forse qui scatta un po' di invidia, ma non è quell'invidia cattiva, negativa. Non vuoi augurare a loro nulla di male, vuoi solo augurare a te stesso qualcosa di bello. E quel qualcosa non arriva mai.
Ti convinci che prima o poi arriverà, ma passa il tempo e quello continua a non arrivare.

Il tempo passa. Lotti contro il tempo per raggiungere i tuoi obiettivi: un esame, una laurea, un lavoro, un sogno. E fallisci una, due, tre, tante volte. E non sai più cosa fare se non stringere i denti e tenerti tutto dentro. Non tanto perché non ci sia qualcuno con cui sfogarsi, ma perché non te la senti di aggiungere problemi ai problemi degli altri. Sono così: non riesco a disturbare nessuno, nemmeno in caso di bisogno. Eppure sai, lo senti, che se ci fosse quella persona... Se ci fosse non esiteresti a parlarne. Perché in fondo è anche questo, credo.

E basta, credo. Ho scritto troppo? Forse devo pensare un po' meno. O ricominciare a scrivere di più. O entrambe le cose.

Namaste.

martedì 8 marzo 2011

Tempo per sognare, tempo per scrivere.

Mi chiedevo: è giusto coltivare i propri sogni, i propri desideri, o è solo una perdita di tempo dato che, con grande probabilità, non verranno mai realizzati?

In questo periodo mi vedo, giorno per giorno, a riorganizzare le mie priorità, e non ho idea di dove posizionare i miei sogni, "ciò che vorrei fare da grande". Perché, è vero, non sono ancora grande, ma non sono nemmeno piccolo, e quindi dovrei avere le idee ben chiare su chi vorrei essere in futuro.
Ma non le ho per niente chiare. Da una parte mi trovo la scelta "giusta", quella che ho preso io, personalmente, e a cui devo necessariamente tenere fede: sto studiando Fisica e diventerò un fisico. Questo non è assolutamente in discussione.
E qui, come in tutti i ragionamenti, c'è un "però": però c'è qualcosa che mi manca. E io so cos'è questo qualcosa. So qual è il mio sogno, so cosa mi piacerebbe fare. Ma non ho il tempo per coltivarlo immerso nel troppo studio. E questo, un po' mi da per lo meno fastidio, perché è un'attività che mi piacerebbe fare davvero tanto.
Il mio sogno è quello di scrivere. Scrivere storie, da pubblicare o da filmare, non mi interessa. Voglio riempire la mente delle persone con le stesse idee che provengono dalla mia mente. Molte volte mi è capitato di avere idee interessanti, ma quando mi ritrovo a scrivere, ho come un blocco. Spesso è perché ciò che all'inizio sembrava una bella idea, in seguito si trasforma in una pagliacciata. Altre volte è perché vorrei non sprecare il mio tempo per scrivere storie che nessuno leggerebbe. Perché sì, è anche (e forse soprattutto) una questione di tempo.
Tuttavia sento che, se non provassi almeno una volta a seguire il mio sogno seriamente, in futuro potrei anche pentirmene. E in futuro il tempo sarà sempre meno per potersi dedicare a tali passioni.
Inoltre, so che da un punto di vista più "romantico" i sogni andrebbero coltivati. Ma siamo sicuri che i sogni si avvererebbero? Non siamo in un film, cerchiamo di pensare in modo disilluso e anche un po' pragmatico. Ha senso seguire i propri sogni nel cassetto o ha più senso buttarli via?

Quindi che faccio? Non lo so, ma sento di non avere molto tempo per decidere. Più passa il tempo, meno me ne rimane per scrivere.

martedì 8 febbraio 2011

Idea?

Eh già, non me ne sono andato. Non mi sono già stufato di scrivere sul blog.
Semplicemente, tra un esame e un altro, il tempo non è abbastanza. Tutto qui.

Per il resto, ho come l'impressione di avere un'idea nuova, per una storia. Non so se rimarrà a lungo nella mia testa, ma è già da qualche mese che ce l'ho. Ed è un evento degno di nota. Ora devo solo svilupparla, e poi si vedrà... Speriamo bene!

Namaste!

martedì 25 gennaio 2011

Il Tempo passa e le cose cambiano.

Trovo tremendamente vera questa frase, che è radicata nella mia memoria sin dagli anni della scuola elementare. Ogni cosa, per quanto immutabile possa sembrare, cambia nel tempo. Ma la cosa che trovo più interessante è che ci accorgiamo del mutare delle cose in un periodo speciale: spesso, infatti, le riflessioni sul Tempo vengono fatte in prossimità del proprio compleanno.

Comunque un altro anno è trascorso, e le cose sono cambiate di nuovo. Ma non cambiano in modo repentino ed improvviso, si evolvono lentamente e continuamente. Eppure le differenze si notano. Se non dividessimo il tempo in intervalli più o meno comodi, come il secondo, l'ora, il giorno, l'anno, ci accorgeremmo comunque di tutto questo mutare delle cose?

È un bel dilemma.
Pensiamo anche a questo: la nostra vita è divisa in anni. E noi festeggiamo il compleanno ogni qual volta il nostro pianeta percorre una rivoluzione, quindi un giro, attorno al Sole. Quindi, l'anno è solo una convenzione sociale, niente di più, si potrebbe pensare. Ma senza questa convenzione sociale, tutto ciò che siamo stati, lo ricorderemmo? Se non ci fosse quel giorno in cui ci fermiamo a riflettere del tempo passato, del presente, e degli eventi futuri, potremmo mai capire tutta la strada che abbiamo fatto per arrivare dove siamo ora?

Probabilmente no: è il vantaggio di un tempo pseudo-circolare quello di poter festeggiare, in qualche modo, l'aver fatto un giro completo. Certo, secondo la stessa logica dovremmo festeggiare anche la mezzanotte di ogni giorno qualunque, ma il giorno è così comune... E non viviamo sufficientemente a lungo per poter vedere un giro completo attorno al centro della Galassia. Quindi sì, sebbene sia una convenzione sociale, il compleanno, o meglio, l'anno, è l'unica misura significativa che scandisce il tempo della nostra vita.

Ma se è comunque una convenzione sociale, perché festeggiarlo? Forse appunto per ricordare chi eravamo e per renderci conto di chi siamo adesso. Festeggiamo il cambiamento, in bene o in male, non nel giorno in cui è avvenuto il mutamento, ma nel giorno in cui ce ne ricordiamo. Perché in fondo, il Tempo è il mutare, il divenire delle cose.

Che io sia cambiato, quindi, è palese.
E gli altri? Beh, anche le altre persone cambiano, mi sembra ovvio.
Proprio oggi, cercavo su Facebook alcuni dei miei amici delle elementari e delle medie. Ed è appunto sintomatico di ciò che dicevo prima: una persona riflette sul Tempo soprattutto quando si avvicina il suo compleanno.
Di questi amici, ne ho trovati alcuni - e sono cambiati parecchio, anche solo nell'aspetto - ma non ho avuto il coraggio di "chiedere l'amicizia". Ho come il terrore che sia passato così tanto tempo e che siamo cambiati, sia loro che me, così tanto che forse sarebbe fuori luogo qualsiasi forma di contatto (ma forse sono solo un mare di paranoie!). Perché in effetti sì, abbiamo tutti paura del cambiamento, ma in fondo il cambiamento è una qualità radicata nelle cose, solo per il fatto che esiste il Tempo. Chiunque cerchi di trovare qualcosa, nella propria vita, che non cambi mai, è forse un illuso.

O forse no: magari esistono delle Costanti, un po' a la Lost, dove per sopravvivere ai viaggi temporali, Desmond è stato costretto a trovare una Costante, qualcosa - o qualcuno - a cui teneva particolarmente sia nel passato che nel presente.
Ma se queste Costanti esistono, allora devono essere al di fuori del Tempo. Cos'è, quindi, se esiste, quel qualcosa, o quel qualcuno, che esiste sempre, e che non è affetto dallo scorrere del Tempo? Se è vero che "Il Tempo passa e le cose cambiano", ha senso qualcosa di immutabile?

Non lo so. Ci devo pensare ancora un po'. Voi che ne pensate?
Nel frattempo, tanti auguri a me. Finito l'anno 22, si comincia il 23.
Namaste.

sabato 22 gennaio 2011

Svegliare la mente o accendere il cervello?

È la moda del momento: vedere cospirazioni ovunque, osservare i primi segnali dell'imminente fine del mondo, assistere alle macchinazioni di chissà quale società segreta.
Io mi sto interessando parecchio, in questo periodo, a tutte queste fantasiose teorie, e mi sono reso conto che, tutti coloro che avanzano queste teorie, si propongono come dei "ricercatori della Verità", degli "illuminati" (con la "i" minuscola, mi raccomando).

E, purtroppo, i grandi media d'informazione, invece che fare delle azioni mirate per sbufalare queste teorie assurde, cosa fanno? Su una rete invitano medium che dicono di poter parlare con i defunti, su un'altra fanno speciali sull'oroscopo del nuovo anno, il vice-direttore di un altro canale conduce programmi "ai confini della conoscenza", l'ex di una nota show-girl presenta avvenimenti perfettamente spiegabili come fossero misteri, un Tg parla di avvistamenti di UFO come fossero davvero dischi volanti, e potrei andare avanti per ore...

Ma torniamo alla Rete. Questi sedicenti "ricercatori della verità" si propongono come indagatori di misteri, in possesso di informazioni che, alternativamente, i governi e la "scienza ufficiale" (come se ne esistesse una "non ufficiale", mah...) tentano di nascondere alla popolazione. Inutilmente a quanto pare, dato che loro, queste informazioni, le possiedono. Ma giusto, loro sono "ricercatori".
Ma queste persone avranno delle prove di tutto ciò che dicono, giusto? No! In fondo, a che servono le prove quando la verità - la stessa che i governi e la scienza ci nasconderebbero - sarebbe sotto gli occhi di tutti? «Aprite gli occhi!», dicono. «Svegliatevi, aprite la mente ottenebrata!», continuano.

Il problema è che, sia a causa di queste figure internettiane, sia a causa della malainformazione che i media stessi portano avanti, la gente ci crede!
Ora, non voglio insultare nessuno, ma chi, come me, da qualche anno naviga in internet, sa bene che c'è una categoria decisamente a rischio: tutta quella marea di ragazzini che, lontani dalla maturità mentale, si fanno influenzare dalla Tv e da Internet, credono a tutte queste fandonie ed invadono le caselle di posta elettronica, le bacheche dei social network e i forum, di messaggi allarmanti ed allarmisti, messaggi, a volte, anche pieni di paura, perché il mondo sicuramente terminerà nel 2012, perché i potenti della Terra certamente tramano alle nostre spalle, perché i governi senza ombra di dubbio ci stanno avvelenando dall'alto.

E questi, sono gli stessi giovani che, una volta cresciuti, diventeranno genitori, e, come è successo, metteranno a rischio la vita dei loro figli perché, invece che curarli con la medicina tradizionale, che funziona, somministreranno loro cure omeopatiche, che non funzionano; oppure tenteranno di curare il cancro con il bicarbonato, che non funziona; oppure, non daranno da mangiare ai loro figli perché, tanto un indiano è sopravvissuto 72 anni senza mangiare. E, queste, sono teorie che circolano davvero in Internet. Non sto scherzando, purtroppo.

Quindi, non crediamo a tutto quello che sentiamo. E, se ne siamo capaci, informiamoci. Internet dice che l'attentato dell'11 Settembre era un Inside Job? Informiamoci. La Tv dice che gli aerei emettono scie chimiche? Documentiamoci. I giornali sostengono che ci sia stato un avvistamento di un disco volante? Chiediamo alle autorità competenti.
Chiediamo le prove, prima di credere a qualunque cosa. Non per scetticismo, ma per cautela. Perché tutte queste credenze possono sembrare innocue, ma c'è gente che, per queste assurde teorie, è morta, perché questa gente, o le persone a loro care, c'è cascata in pieno.

Quindi, vi chiedono di aprire gli occhi e di svegliare la vostra mente? Accendete il cervello, prima. Ve lo chiedo per favore.

Namaste.